Il tumore al seno è una tematica prioritaria per l’Unione Europea, ma cosa sta facendo l’Italia, nello specifico, per curare e assistere chi affronta un tumore al seno? Esiste un’intensa tra lo Stato e le diverse Regioni, che prevede che queste ultime debbano dotarsi di una rete di centri di senologia multidisciplinari più conosciute come Breast Unit: ogni centro deve avere almeno un core team di 6 professionisti dedicati: radiologo, chirurgo, patologo, oncologo, radioterapista, data manager. Si tratta di un percorso multidisciplinare, che parte dal protocollo di indagini diagnostiche per la diagnosi precoce, agli approfondimenti diagnostici, alla riabilitazione post-operatoria, fisica e psicologica, ai controlli nel lungo periodo (follow-up), compresa la gestione del rischio ereditario. Va bene, ma qual è lo stato dell’arte attuale? A che punto siamo? Secondo un’indagine condotta dall’Istituto di Ricerca SWG in occasione della campagna “Chiedo di +”, realizzata da Europa Donna Italia con il supporto incondizionato di Roche, sono proprio le pazienti a dipingere un certo scenario. Partiamo dicendo che, quasi una paziente su 3 afferma di non essere stata curata in una Breast Unit. Né riceve le informazioni necessarie per poter scegliere con consapevolezza dove rivolgersi. Allora, la domanda sorge spontanea: queste Breast Unit funzionano o no? Sono efficienti? Quali sono le criticità più evidenti? Tra i gap riscontrati, il primo riguarda i tempi di attesa in ogni fase del percorso; le pazienti riportano 2,3 mesi di attesa in media tra l’esecuzione degli esami e la diagnosi, senza dimenticare la mancanza di informazioni sugli effetti collaterali delle terapie e sulla loro gestione: la radioterapia, la chemioterapia e l’ormonoterapia non sono passeggiate. E che dire del linfedema? Chi ha ricevuto le informazioni giuste per prevenire e curare questa problematica? E’ importante che, una donna con tumore al seno, si confronti anche con uno psiconcologo che ancora, in molti centri, non è presente. Certo, sarebbe il caso anche che all’interno del team multidisciplinare fosse garantita anche la presenza del chirurgo oncoplastico, vista l’elevata percentuale di mastectomie (43% delle donne intervistate sono state sottoposte ad intervento chirurgico). Tra le criticità, spicca anche la scarsa presa in carico delle pazienti durante il follow up. Ma come, queste donne sono abbandonate a loro stesse? E pensare che, a quanto pare, la continuità di cure non sempre è assicurata. A testimoniarlo sono almeno 4 intervistate su 10 che hanno dovuto cambiare struttura. E ancora troppo spesso le giovani pazienti non ricevono adeguate informazioni e assistenza sulla conservazione della fertilità. Infine manca la figura del nutrizionista per fornire informazioni sull’alimentazione da seguire per la prevenzione delle recidive. Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia, commenta: “Il nostro obiettivo con questa campagna è sensibilizzare sulla necessità di completare lo sviluppo delle Breast Unit e, come previsto dalla legge, assicurarne il monitoraggio in tutto il territorio italiano, affinché tutte le pazienti abbiano accesso a cure tempestive e percorsi terapeutici appropriati”. Riccardo Grassi, Direttore di Ricerca SWG , interviene affermando che “La ricerca rivela le opinioni e i vissuti delle pazienti in un contesto in cui in generale il rapporto con le strutture di cura è positivo. Emerge però molto forte il bisogno di collocare il percorso terapeutico in un quadro di relazione più umana: oltre una donna su 4 afferma di aver ricevuto la diagnosi in modo ‘freddo e distaccato’, e più di una su dieci (13%) per telefono o per lettera. La scoperta del tumore al seno rappresenta un momento psicologicamente molto difficile per una donna che si trova a dovere ridefinire tutto il suo futuro e che sente il biosgno di un accompagnamento forte anche in questo campo, per progettare la vita dopo le cure, con particolare attenzione anche per i temi nutrizionali e fisiatrici”. Commenta Federico Pantellini, Medical Unit Head Onco-Hematology Roche Italia: “Siamo felici di sostenere la Campagna “Chiedo di +” ed Europa Donna Italia, e di aver dato un contributo a questo progetto fin dalla sua creazione. E’importante l’ascolto dei bisogni delle pazienti e la ricerca presentata oggi ci offre molte e importanti indicazioni. Come Roche ci facciamo carico di dare a questi bisogni risposte terapeutiche innovative, che garantiscano efficacia, riducano la possibilità di ricomparsa del tumore e offrano una speranza e qualità di vita sempre migliori”.