SALUTE: La qualità della vita del paziente ematologico al centro del Convegno

Solo la parola incute terrore, anche se sono in molti quei medici che, forti della loro scienza, affermano che oggi dal tumore si può guarire. Ad esempio, quelli del sangue rappresentano circa il 10% di tutti i tumori e in Italia, abbiamo più di 35.000 nuovi casi l’anno: non spaventatevi, perché secondo i dati del GIMEMA si evidenzia una significativa diminuzione della mortalità e sappiate che, nel corso del 2016, abbiamo assistito ad un calo compreso tra il 12% e il 14%. E tutto ciò grazie alle innovazioni terapeutiche.  L’aspettativa di vita è cresciuta. Se ne è parlato durante la Seconda Conferenza Nazionale sul paziente con Neoplasie Ematologiche” che, presieduta dal Prof. Mario Boccadoro, Direttore della Divisione Universitaria di Ematologia, Citta della Salute e della Scienza di Torino, è stata l’occasione per presentare le novità terapeutiche più importanti in arrivo nel mondo della medicina e della diagnostica. Si è fatta luce sulle cosiddette “combo therapy”. Di cosa di tratta? Si tratta di terapie combinate che hanno evidenziato grandi benefici soprattutto nel trattamento di linfomi, leucemie linfatiche e mieloma multiplo. Esse nascono dalla combinazione di svariati agenti chemioterapici che, oltre a garantire un’efficacia maggiore, risultano avere una tossicità molto bassa. In Italia possiamo vantare risultati molto efficienti nel settore della ricerca medica: i benefici in termini di sopravvivenza ne comprovano l’affidabilità. Non possiamo, tuttavia, fare finta che, se da una parte arrivano terapie in grado di guarire i pazienti, dall’altro il loro grado di innovazione richiede ingenti investimenti di risorse, con conseguente affaticamento del sistema salute. Come se ne esce? La Conferenza Nazionale sulle Neoplasie Ematologiche si pone, attraverso il proprio Comitato Esecutivo, l’obiettivo di trovare delle soluzioni praticabili al problema dei crescenti costi.  Ovviamente, si possono solo auspicare soluzioni per la risoluzione di questo problema, partendo dalla valutazione dell’efficacia delle terapie, senza prescindere dal punto di vista dei pazienti, delle loro associazioni, delle Società Scientifiche e delle Fondazioni coinvolte nelle sperimentazioni.“Il punto di vista delle persone direttamente coinvolte è di importanza strategica nel valutare la qualità percepita delle cure e la sua appropriatezza - afferma il Prof. Boccadoro - e può essere differente da quella degli esperti. Ci vogliono i P statistici, le curve di sopravvivenza ma anche il parere di chi le cure le riceve e le somministra”.  Come per risolvere ogni problema, occorre, anzitutto, avere i dati corretti. Certo che non è semplice contribuire alla sostenibilità del sistema sanitario, nazionale, ma anche del singolo ospedale nel quale siamo soliti recarci all’occorrenza. Inoltre, occorre valutare anche che, dopo la guarigione, il ritorno alla vita del paziente che ha ricevuto una diagnosi di tumore del sangue non è per niente facile. Sussistono problematiche psicologiche, burocratiche e culturali che si frappongono al ritorno del malato alla normalità. Avete mai pensato alle difficoltà che possono incontrare queste persone, ad esempio, quando hanno la necessità di accendere un mutuo? E secondo voi, le compagnie assicurative non pongono resistenze di fronte alle richieste di stipula contratto? Senza contare il rifiuto di rinnovo della patente di guida, il mancato reintegro sul posto di lavoro. Vi è un forte bisogno socio-assistenziale e di tutela del lavoro di queste persone. Il ritorno all’attività lavorativa facilita la guarigione e fa parte del percorso di cura, e le istituzioni devono rispondere al bisogno di reingresso nella società delle persone guarite, al loro diritto di ritrovare il ruolo che avevano nella comunità ed evitare discriminazioni.