L’Italia è il Paese europeo con il numero maggiore di ceppi batterici resistenti. Si parla, infatti di antibioticoresistenza, perché a quanto pare, ormai anche gli antibiotici sono inefficaci per debellare certe infezioni. Non spaventatevi, non si fanno allarmismi, ma nemmeno si diffondono slogan: di certo, però, il quadro che è stato dipinto al Convegno organizzato da Msd Italia “Scenari, priorità e obiettivi, secondo un approccio One Health” non è di certo incoraggiante. Nel mondo, nel 2050, le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti l’anno, superando ampiamente i decessi per tumore o per incidenti stradali. Una provocazione? Essendo una previsione a lungo termine, speriamo di riuscire ad invertire la rotta. L’Italia è comunque il primo Paese europeo per utilizzo di antibiotici in ambito umano e terzo per uso sugli animali negli allevamenti intensivi. E i numeri, non sono confortanti visto che in Europa, oltre 4 milioni di persone l’anno sono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25 mila morti stimate per infezioni provenienti da germi resistenti. Si avete letto bene, infezioni batteriche ospedaliere che in Italia si manifestano in 450-700 mila casi. Oddio, cosa sta succedendo? Soprattutto a fronte del fatto che un buon 30% di queste infezioni, specialmente quelle urinarie, ma anche quelle a seguito di ferite chirurgiche e polmoniti, sono potenzialmente prevenibili, vale la pena non sottovalutare l’urgenza di un intervento da parte della Sanità pubblica. Ecco perché associazioni, e rappresentanti del mondo scientifico e delle Istituzioni si sono confrontati sulle possibili linee di intervento. Comunque, non spaventatevi, perché in Italia è stato redatto il PNCAR, il Piano Nazionale per il Contrasto dell’Antibioticoresistenza per contrastare il fenomeno e cercare di prevenire e controllare le infezioni da organismi resistenti agli antibiotici. Di certo, vale la pena parlare dell’AMR, la Resistenza antimicrobica (AMR), per capire cosa succede e sensibilizzare la medicina umana, ma anche quella veterinaria, l’agricoltura, la comunicazione e anche la ricerca. Cosa si dovrebbe fare? Anzitutto, fare un uso appropriato degli antibiotici che non servono di certo per prevenire le malattie, ma solo come terapia per certe infezioni, poi lavarsi le mani, isolare le parti infette e fare attenzione, perché si corre il rischio di recidivare. Non è una novità che la cultura igienista ospedaliera in Italia sia venuta meno: la gestione della Sanità non è semplice poiché ogni Regione ha la propria clinical governance. Occorrerebbe un piano comune. La regione Campania si è già attivata e ha iniziato la lotta all’AMR partendo da un’adeguata comunicazione: i pazienti, spesso medici di loro stessi, premono per le terapie antibiotiche, senza dimenticare coloro che assumono antibiotici recuperati dal loro reparto farmaci. Insomma, facciamo attenzione e, almeno noi cittadini, atteniamoci alle indicazioni dei nostri medici curanti e fidiamoci delle loro cure e delle terapie che ci prescrivono. Di certo, anche loro sono chiamati a partecipare responsabilmente alla lotta all’AMR.