Legge 170 dell'8 ottobre 2010. Vi dice qualcosa? Chi ha aspettato fuducioso, l'emanazione di questa legge, sicuramente ne conosce il contenuto: peccato che sia restata solo l'espressione di buoni propositi. Sto parlando della norma che in Italia ha sancito il diritto alle pari opportunità nell'istruzione per i ragazzi con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Proprio in concomitanza del sesto anniversario della legge è stata indetta la Settimana Nazionale della Dislessia che si è conclusa i giorni scorsi. Ma a seguito della legge 170 cosa è cambiato realmente? Alessandro Rocco, co-fondatore di W LA DISLESSIA!,progetto nato nel 2010 con l’obiettivo di creare un metodo per aiutare ragazzi e bambini con difficoltà di apprendimento commenta: “Da allora poco o nulla è cambiato: la riforma ha previsto l’obbligo di formazione per gli insegnanti, ma nulla di specifico per i DSA (disturbi specifici dell’apprendiemento, n.d.r.). Servirebbe innanzitutto una formazione psicologica degli insegnanti, dar loro la possibilità di fare esperienza della dislessia in concreto, al posto di tanta teoria e troppa importanza agli strumenti elettronici”. Le ultime stime parlano di circa 350.000 studenti dislessici in Italia, che equivale a una percentuale fra il 3 e il 5%della popolazione scolastica. Numeri spaventosi, soprattutto se si pensa che il percorso scolastico per questi ragazzi dislessico è spesso causa di profonda frustrazione e abitudine all’insuccesso. La situazione, a livello nazionale, non è per nulla omogenea. Regioni come la Lombardia e il Veneto, risultano più attente rispetto al problema, mentre nel Sud Italia, come ad esempio in Campania mancano sia le capacità diagnostiche efficaci, sia le strutture adeguate per aiutare gli studenti.“Il Veneto è la regione in cui le cose sembra funzionino meglio: le diagnosi sono tempestive, le scuole sembrano essere più preparate nell’accogliere ragazzi dislessici e si ricorre in maniera ‘sensata’ all’uso della tecnologia. A ruota seguono Lombardia (con picchi nell’interland Milanese), Emilia Romagna e Liguria. Ma la strada da fare è ancora lunga, ancora troppo spesso ci si deve scontrare con intralci burocratici e con strutture scolastiche che stentano a riconoscere la difficoltà dei ragazzi”, spiega ancora Rocco.Analizzando poi i motivi alla base, si scopre che le carenze sono intrinseche e a più livelli. “Si va dall’ignoranza di scuola e famiglie rispetto all’esistenza effettiva di questi problemi alla paura che il proprio figlio venga considerato diverso e quindi emarginato, alle classi sovraffollate modello pollaio, non certo l’ambiente migliore per insegnanti e studenti”, aggiunge Rocco. Quali soluzioni per questo problema? Per risolvere la situazione e favorire un reale cambiamento, il Paese necessiterebbe di una riforma scolastica. “Si dovrebbe, innanzitutto, puntare alla preparazione specifica degli insegnanti in relazione alla dislessia, cercare di massimizzare la cooperazione fra scuola e famiglia e infine perseguire sempre il rispetto, da parte degli insegnanti stessi, del Piano Didattico Personalizzato” conclude Rocco.