Pasta Bio o pasta convenzionale? Trafilata al bronzo o al teflon? Pasta di grani antichi o di grani classici importati anche dall’estero? Sono sempre numerose le domande che i consumatori si pongono, soprattutto alla luce di una crescente sensibilità verso il cibo e la sua salubrità, ma anche di fake news che ormai si dispensano come se fossero caramelle. Di certo, è una questione di scelta. Come quella della famiglia Girolomoni che, dall’Altopiano delle Cesane a 550 metri di altitudine, tra Urbino e Isola del Piano, ha rivoluzionato il nostro modo di mangiare. “Il biologico è un modo di vivere in campagna, di mangiare, di fare scelte, di vivere. E’ legato all’uso della medicina dolce, all’uso di energie rinnovabili, alla bioedilizia”. Con queste parole Gino Girolomoni lasciò un’importante eredità a tutti gli italiani, ma anche ai suoi figli che, con tenacia, proseguono il cammino nel solco del padre. Ho scoperto un mondo autentico e genuino, partendo dal pastificio. Trent’anni di storia: già questo mi sembra un buon biglietto da visita. E’ stato affascinante vedere l’impianto produttivo della pasta che nasce dal grano 100% bio e di origine italiana, fornito da 200 agricoltori in tutta Italia: tutto certificato. E’ stato interessante, ascoltare Giovanni Battista Girolomoni che ha parlato di come, in azienda, siano soliti ad essiccare la pasta a basse temperature e in tempi molto lunghi. Ma perché questa perdita di tempo? E’ vero, ci vuole più tempo, ma non si perdono, ad esempio, certi nutrienti,, come la lisina. Ne avete mai sentito parlare? Si tratta di un amminoacido importante perché contribuisce all’assimilazione dei macronutrienti; se si essicca la pasta ad alte temperature, provocando quello che viene definito un danno termico, rischiamo di ridurre le potenzialità nutritive dell’alimento e, visto che l’uomo non è in grado di sintetizzare la lisina in quantità sufficiente e la si può assumere solo attraverso il cibo, occorre salvaguardarne la disponibilità nel cibo, a partire dalla pasta. Come si può capire se la pasta ha subito un danno termico? Come spiega Giovanni, esiste un dato scientifico che ci consente di misurare il danno termico: la presenza di furosina. Più furosina c’è nella pasta, più grave è stato il danno termico subito e meno lisina è contenuta. Chiaro? A me sì, visto che Giovanni, con grande entusiasmo, a difesa delle sue scelte e della sua filosofia, orientata alla salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente, mi ha offerto queste informazioni con grande competenza. E che dire del grano? Girolomoni ha scelto di produrre pasta con grani antichi come il Senatore Cappelli, il Farro Triticum, il Dicoccum. Qual è il valore aggiunto di questi grani? E’ una moda? O sono davvero meglio di altri? Si tratta di grani che non hanno un elevato contenuto di proteine, quindi un reticolo ridotto rispetto alle paste prodotte con altri tipi di grano che tengono sicuramente anche la stracottura. Io preferisco la pasta al dente, anche perché in questo modo non si innalza la glicemia. Come dice Giovanni, “è meglio gustare la pasta godendone i sapori e i profumi”. A quanto pare, la pasta iperproteica, quella che non scuoce, è priva di queste caratteristiche. E che dire dell’acqua? Anche l’acqua vuole la sua parte. Per fare la pasta, basta davvero poco, ma anche questo poco deve essere di qualità. Pensate che per produrre la pasta, il pastificio Girolomoni utilizza acqua che proviene da una sorgente pura, che non ha un’agricoltura industriale a monte. Insomma, Girolomoni “va oltre il biologico”. Può bastare?
